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Vin Santo, il vino dell'ospitalità

E' sempre vivo in me, specialmente in questo periodo dell’anno, il ricordo di mia nonna che, con lento procedere, entrava nel tinello con un vassoio ricolmo di Cantucci e una bottiglia di Vin Santo.





Da bambino era un momento che aspettavo sempre con gioia e stupore misti a curiosità, e rivedo oggi come allora, attraverso quegli occhi incantati quella scena che rimarrà per sempre impressa nella mia memoria. E come in un film i gesti e le parole prendono vita, tra il vocio e le risa di una bella famiglia riunita intorno a un tavolo da pranzo in un giorno di festa, riecheggia ancora una frase che mia nonna nel suo strano accento toscano pronunciava: "lo gradireste un goccio di vinsanto?".

Offrire il Vin Santo è uno dei gesti più antichi dell'ospitalità toscana e lo gradireste un goccio di vinsanto? era la frase rituale con cui i nostri vecchi accoglievano gli ospiti in quel nobile mondo contadino. Quel goccio, non era solo un modo di dire; il Vin Santo, oggi come allora, si offre di fatto a piccole dosi in quanto prodotto davvero prezioso. 

Ricordo di un tempo in cui ogni famiglia lo produceva secondo la propria ricetta segreta. Ci sono varie teorie sull'origine di questo nome che hanno del leggendario; le prime citazioni risalgono agli inizi del Cristianesimo, forse a voler indicare un vino puro particolarmente adatto al rito della Messa. Proseguendo nella ricerca delle probabili origini del termine arriviamo al 1348, quando scoppiò la peste nel senese, i moribondi che ingerivano il vino da messa somministrato da un frate, sembra esclamassero “vinsanto!” per le sensazioni di pronto sollievo provate; si diffuse così la convinzione che tale vino avesse proprietà miracolose, da cui l'epiteto di Santo.

Un’altra versione riconduce la nascita del termine al 1439, data del Concilio indetto da Papa Eugenio IV per discutere dell’unione della Chiesa occidentale con quella orientale. Ben settecento erano gli alti prelati greci, e tra questi l’umanista Cardinal Bessarione, vescovo di Nicea, che assaggiando il vino dolce toscano pare abbia esclamato: "Ma questo è Xantos!" (vino prodotto nell'isola greca di Xantos), trasformato poi dai presenti nell’aggettivo latino “santus”.

Un’altra spiegazione fa invece riferimento al ciclo produttivo del vinsanto, basato intorno alle feste religiose più importanti del calendario liturgico cristiano. Alcuni spremono l’uva per i Santi, altri per Natale ed altri per Pasqua. Alcuni imbottigliano il Vinsanto in novembre, mentre altri ad Aprile. La sua origine, forse meno romantica, ma probabilmente più verosimile, risale al fatto di associare questo vino per il suo comune utilizzo durante la messa.

Tradizionalmente il Vinsanto veniva prodotto raccogliendo i migliori grappoli (vendemmia "per scelti") per farli appassire in modo deciso coricandoli su stuoie o appendendoli a ganci. Ad appassimento avvenuto le uve venivano pigiate ed il mosto (con o senza vinacce, dipendendo dalla tradizione seguita) era trasferito in caratelli di legni vari e di dimensione variabile (in genere tra 15 e 50 litri) da cui era stato appena tolto il vinsanto delle produzione precedente. Durante questa operazione si prendeva cura che la feccia della passata produzione non uscisse dal caratello in quanto la si credeva responsabile della buona riuscita del vinsanto stesso, tanto da chiamarla madre del vinsanto.

I caratelli venivano sigillati e dislocati nella soffitta delle villa padronale o in un sottotetto, in quanto si riteneva che le forti escursioni termiche estate-inverno giovassero alla fermentazione e/o ai sentori del vino. Generalmente si riteneva che tre anni di fermentazione/invecchiamento fossero sufficienti per la produzione di un buon vinsanto anche se alcuni produttori lo invecchiavano (e lo invecchiano tuttora) per più di dieci anni. Da un quintale di uva fresca si ricavano in genere soltanto venticinque litri di vinsanto.

Le uve utilizzate per la sua produzione sono il Trebbiano e la Malvasia. Può essere anche prodotto anche con uve Sangiovese, ma in questo caso si parla di vinsanto occhio di pernice. Oltre ai cantucci e alla pasticceria secca, il vinsanto può essere consumato anche come vino da pasto a seconda la sua versione più o meno dolce, specialmente con il formaggio.


Volevo segnalare che a Montefollonico in Toscana si svolge una manifestazione dedicata proprio al Vinsanto che guarda un po’ si chiama “Lo gradireste un Goccio di Vin Santo?”.

Questo suggestivo borgo medievale risulta essere la patria del vino liquoroso per eccellenza dove ogni anno in occasione di questo evento vengono premiati i migliori produttori amatoriali di Vin Santo non solo toscani ma anche provenienti da altre regioni.

Nell’edizione di quest’anno la vittoria è tutta toscana che ha visto premiati 6 produttori amatoriali nelle categorie “Dolce” e “Secco” su un totale di 75 partecipanti da tutta la Toscana, l’Umbria e l’Emilia Romagna.

I primi tre classificati nella categoria “Vin Santo dolce” provengono dalla zona della Valdichiana e del Vino Nobile e sono Andrea Sandroni, Marcello Trombetti e Vanda Della Giovanpaola, mentre quelli della categoria “Vin Santo secco” provengono dalla zona di Siena e del Chianti e i produttori vincitori sono Stefano Bizzarri, Mario Fineschi e Lorenzo Cimarosti.

Un'altra occasione per degustare ed apprezzare le diverse tipologie di Vin Santo è quella che viene offerta nell’ambito di Vinnatur a Villa Favorita: "Il Vin Santo, una tradizione da riscoprire".

Domenica 7 aprile alle ore 16.00 si svolgerà una degustazione guidata di sei vin santo naturali da produttori di Toscana, Veneto e Trentino, due dei quali sono i primi esiti di un progetto di sperimentazione in corso da alcuni anni e coordinato da Franco Giacosa e Angiolino Maule.

Vini frutto di una tradizione da riscoprire, grazie al supporto della scienza applicata alla viticoltura.

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